Monte di Ledis (1053 m)

Stief mi propose di salire la Mont di Ledis per un sentiero segnato in nero sulla Tabacco e per fare le cose meno facili aspettammo la prima neve che pareggia e nasconde anche le tracce più labili.

Sulla piana dei Rivoli Bianchi incontrammo un cacciatore (nelle favole c’è sempre un cacciatore…) al quale partecipammo il nostro progetto e lui ci sconsigliò vivamente di intraprendere quel percorso dato che non era più reperibile, mascherato dalla vegetazione e assolutamente non frequentato. Volevo dirgli “lei non sa chi siamo noi”, ma umilmente ascoltammo e beatamente ignorammo.

In effetti ci perdemmo subito nella gariga del Rio Rozza, ma in questi casi si tira su dritto, certi che qualcosa salta fuori.

Trovammo e seguimmo le tracce di un cervo che gentilmente ci condusse sul Plait (786 m) e quando la bestia se ne scese per luoghi di sua conoscenza individuammo e seguimmo le tracce di un camoscio che ci portò in cima (purtroppo niente draghi in questa favola).

A tratti reperimmo qualche bel spezzone di mulattiera, segno che il “nero” evidenziato nella Tabacco un tempo esisteva davvero.

Dalla cima, non contenti delle paturnie subite in salita, scendemmo a casaccio mirando la chiesetta di Ledis con direzione sud est, con molte, ma poco dignitose scivolate nella neve, calammo per pendii precipiti inframmezzati da salti rocciosi.

Infine ci accolse lo stavolo Bugu e l’ospitale legnaia dove consumammo uno spartano pasto. Non trovammo pulzelle da salvare e dunque in questa fola mancano draghi e principesse. Ad ogni modo io ve l’ho raccontata e, se non riuscite a comprenderlo da soli, ve lo spiego io il morale di questa favola: sognare e progettare è già un mezzo passo verso l’avventura; l’altro mezzo passo è tutta una fiaba: basta crederci.