Jôf della Malga (1919 m)

Toponimo proposto; tutte le quote sono rilevate dalla Carta Tecnica Numerica Regionale 1:5.000, Fogli Cave del Predil e Cima di Riofreddo).

Jôf della Malga dal sentiero CAI 656; a sinistra la Forcella delle Cenge (1820 m).

L’escursionista che sale il sentiero CAI 656 da Cave del Predil, in direzione della Forcella delle Cenge, quando esce dal bosco ha la magnifica visione di una elegante torre, svettante da barbacani mugosi che paiono abbracciarla. Chi giunge da queste parti per la prima volta, potrebbe pensare di trovarsi al cospetto della Cima delle Cenge, o se si è documentato un po’ di più, del Campanile di Riofreddo; ma non si tratta né dell’una né dell’altra vetta.

Rollo Tomasi sulle cenge iniziali.

Con lo Jôf della Malga, inizia la successione di elevazioni che fanno capo alla Cima delle Cenge; una larga e verde sella quotata 1671.6 m la separa dallo Jôf del Lago (1788.3 m).

Jôf del Lago in primo piano, segue la larga Sella delle Cave e il M. Re (1912 m); sullo sfondo si riconoscono le Cinque Punte di Raibl.

Scopriremo, una volta giunti in sommo, che lo Jôf della Malga ha due cime e quella che non si vede dal basso, cioè quella più occidentale, è più alta (1922.1 m); queste due quote separate da una sella ci hanno indirizzato verso la reiterazione del toponimo Jôf – largamente utilizzato da queste parti - che significa giogo; ci abbiamo aggiunto “della Malga” per contiguità toponomastica col Canale della Malga, di cui uno dei rami di origine è nel vallone sottostante Forcella delle Cenge.

Il canale verticale.

Le due quote di Jôf della Malga sono separate dagli altri spuntoni della cresta, che prosegue verso occidente, da profondi burroni insuperabili in assetto escursionistico; è quindi una vera e propria cima a sé stante, e dunque ben merita un nome.

Greppando.

Secondo la mia esperienza di greppo, confortato dalla presenza di mughete, ho creduto la parete est di Jôf della Malga affrontabile, con le dovute riserve legate all’incertezza che si ha con una visuale dal basso; ma nonostante ciò, le distanziate curve di livello sulla CTNR mi davano coraggio. E così con Rollo Tomasi ci abbiamo provato.

Sotto la torre di vetta.

Il ritrovamento, già all’inizio, di tracce di passaggio di animali, è stato il colpo di fortuna che ci vuole in questi casi: niente di meglio che seguire i camosci che la strada la sanno molto bene. Cominciammo a supporre di trovarci su una pista che poteva già essere salita da cacciatori, ma poi un “passo del gatto” molto esposto e un canale verticale ci hanno fatto dubitare delle nostre supposizioni; anche la mancanza di segni di presenza umana sulla cima ci ha confermato che si era i primi a salire lassù.

Verso la sella tra le due quote di vetta.

Tutto sommato la via che abbiamo seguito non è particolarmente difficile, ma già altre volte le mie valutazioni delle difficoltà, messe a verifica da altri, hanno la tendenza a crescere sensibilmente; d’altra parte, si sa, le difficoltà sono molto soggettive. Posso dire che, siccome non si scende da nessuna altra parte e va rifatta pedissequamente la via di salita, il fatto che noi si abbia gettato la corda per calarci, in tre punti diversi, fa lievitare un po’ il giudizio complessivo. È pur vero che su questi terreni, piuttosto friabili ed esposti, sopratutto in discesa è meglio abbondare con la sicurezza. Ecco: credo che il lettore, a questo punto, si sia fatta un’idea delle difficoltà della salita che si possono riassumere in un bel consiglio: arrangiatevi! E comunque, sia io che Rollo Tomasi non siamo fulmini di guerra e pur su quella cima ci siamo arrivati.

Dalla vetta: uno spicchio del Lago del Predil e il Passo omonimo.

Dalla vetta: la Valle di Riofreddo sovrastata dalla Cima del Cacciatore (2070 m).

Dalla vetta: il vicinissimo e irraggiungibile Campanile di Riofreddo (1966.7 m).

Al temine di questa relazione – si fa per dire – spendo due parole sulla questione intrinseca alla salita, cioè alla supposta prima assoluta. Che per qualche critico pignolo potrebbe rivelarsi una “supposta” di altro tipo, sgradevole e indigesta (!). “Ma chi sono questi – potrebbe dire il critico pignolo - che si arrogano il diritto di nominare cime e di impadronirsi della paternità di una prima assoluta? Oggi come oggi che è due secoli che l’Uomo sale i monti, pretendono di fare nuove scoperte?” Caro critico pignolo, se trovi notizie che possano smentire la nostra “prima assoluta” ci faremo senz’altro da parte, indosseremo il cilicio e ci ritireremo con la coda tra le gambe. Ma fintantoché non riuscirai a contraddirci, Jôf della Malga rimarrà la nostra piccola e orgogliosa realizzazione.

04/08/2022